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Boccioni a Parma
A cura di Sara Scaglioni
Nei giorni scorsi, a Mamiano di Traversetolo (Parma), è stata inaugurata l’interessante mostra Boccioni. Prima del Futurismo, curata da Virginia Baradel, Niccolò D’Agati, Francesco Parisi e Stefano Roffi. Presso la Fondazione Magnani-Rocca, fino al 10 dicembre 2023, è possibile visitare un’esposizione di quasi duecento opere avente l’obiettivo preciso di ripercorrere i momenti più significativi della carriera dell’Artista, dall’esperienza romana del 1899 alle soglie dell’adesione al Futurismo, così da mostrare il carattere eterogeneo della produzione di Boccioni e – insieme – da riscostruire i contesti artistici e culturali nei quali egli operò lungo poco più di un decennio.
Umberto Boccioni nacque nel 1882 a Reggio Calabria da genitori romagnoli. Intraprese gli studi tecnici a Padova, ma li portò a termine a Catania. Nel 1898 partì per la Città Eterna, dove fu ospitato da una zia e incominciò la carriera di artista, letterato e giornalista. Boccioni non frequentò mai l’Accademia e i primi rudimenti del disegno gli furono trasmessi da un cartellonista romano. Ma qual era l’Italia che faceva da sfondo all’attività di Boccioni? Il noto critico e storico d’arte Raffaele De Grada junior (1916-2010) ci parla di un Paese ancora non completamente unito. Erano al tempo in atto molti tentativi di organizzazione per trasformarlo a tutti gli effetti in uno Stato unitario e questi tentativi, secondo De Grada, distoglievano l’attenzione della politica dall’affermarsi della nuova concezione del mondo che andava formandosi.
Per il giovane Boccioni c’era già l’interrogativo su quale fisionomia avrebbe avuto il nuovo secolo che si presentava tanto diverso dall’Ottocento. In campo artistico, i temi dibattuti erano quelli dei rapporti dell’opera d’arte con la natura, delle trasformazioni strutturali dell’epoca industriale e l’allargamento degli interessi oltre i confini dell’Italia. Boccioni reagì all’arte del suo tempo collegandosi alla tradizione europea dell’Impressionismo, sviluppatosi in Francia a partire dal 1860. Già vent’anni dopo, però, il movimento impressionista cominciò a scemare e diversi artisti appartenenti a questa corrente iniziarono a sperimentare stili nuovi. Cominciò così la revisione dell’Impressionismo che si concretizzò a tutti gli effetti solamente a partire dagli anni 1910-1912 e a cui il Nostro partecipò attivamente.
In un ambiente come quello italiano in cui l’Impressionismo non era nemmeno del tutto arrivato, Boccioni giudicò in maniera estremamente negativa quel movimento artistico francese, criticandone il carattere malinconico. Come osserva De Grada, nel “Paese dell’arte” i quadri impressionisti furono considerati poco più che abbozzi e Boccioni, all’interno dell’ambiente artistico europeo, si schierò con forza contro l’intuizionismo idealistico, il sensibilismo fine a sé stesso e il sentimentalismo prevalente. Secondo Boccioni, la retorica ottocentesca andava negata e combattuta per arrivare, in questo modo, a conquistare l’unica vera libertà dell’artista: la necessità di rispondere alla storia in funzione del ruolo che l’uomo vi ricopre.
Nell’autunno del 1907 il nostro personaggio si trasferì a Milano, città in cui visse con la madre e la sorella. Furono anni di formazione per Boccioni, che visitò musei e gallerie d’arte scoprendo e confrontandosi con opere e artisti di ogni epoca. Proprio in questa città, al tempo in rapida ascesa, egli conobbe fra gli altri il poeta, scrittore e drammaturgo Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), con il quale collaborò alla stesura del Manifesto tecnico del movimento futurista, che uscì nel 1910. Con il Manifesto si posero le basi delle riflessioni che il gruppo di artisti e letterati futuristi voleva trasmettere, e cioè l’incoraggiamento a volgersi al presente in modo dinamico e in continua evoluzione. L’arte boccioniana di questo periodo ha giocoforza come soggetti la città, le macchine e la realtà quotidiana e caotica. Tra le opere pittoriche più importanti da lui realizzate all’epoca troviamo: La città che sale, 1910; Rissa in galleria, 1910; La strada entra nella casa, 1912; Dinamismo di un calciatore, 1913; Dinamismo di un ciclista, 1913.
Nel 1915, con l’entrata in guerra dell’Italia, Boccioni (non diversamente da altri artisti) si arruolò volontario, anche se non ebbe mai occasione di combattere. La morte lo colse l’anno successivo a Verona, presso l’ospedale militare, in seguito alle ferite riportate da una caduta da cavallo. I suoi resti riposano nel cimitero monumentale della stessa città.
Di seguito la bibliografia e alcune immagini riguardanti i libri consultati per il presente articolo, Boccioni e Marinetti e un Autoritratto realizzato da Boccioni (olio su tela, 100×70 cm, 1908, Pinacoteca di Brera).
BIBLIOGRAFIA (libri di De Grada su Boccioni)
Boccioni. Il mito del moderno, Firenze, G. Barbèra, 1962 (anche Milano, Edizioni per il Club del Libro [stampa: Novara, Istituto Geografico De Agostini], 1962).
Boccioni e l’orizzonte futurista, prefazione di Paolo Perrone Burali d’Arezzo, Milano-Arezzo, Nuove Edizioni Culturali – Archivio del Futurismo “A. Viviani-Burali”, 2002.