Note biografiche
Domenico Simonini nasce a Vignola nel 1952 da una famiglia di insegnanti: la madre Marta Magni è maestra, il padre Giacomo professore di educazione artistica.
Domenico, secondogenito, cresce in ambiente artistico, essendo il padre pittore, classe 1913.
Il padre Giacomo, particolarmente dotato, aveva frequentato la scuola d’arte, e dopo aver trovato lavoro alla Richard Ginori, in tempo di guerra fu spedito in Grecia come ufficiale.
Al ritorno si dedicherà, per il resto della vita, all’insegnamento dell’educazione artistica: «Per quelli della mia generazione, che ha vissuto con l’entusiasmo raggiunto della maturità gli anni del dopoguerra, gli uomini e le donne della provincia emiliana sono apparsi come l’esempio di un’Italia semplice e onesta che ha sempre operato senza sotterfugi, doppiezze e tutte quelle “belle” qualità che hanno creato una certa diffidenza intorno alnostro Paese.
E quando ho conosciuto Giacomo Simonini, attraverso il suo adorato figlio Domenico, validissimo pittore ed incisore, di quelli che si son fatti un nome senza leccare le scarpe di coloro che contano, ho avuto la conferma di quanto quella opinione sugli emiliani fosse giusta›› (Raffaele De Grada, 1985).
GLI ESORDI
Domenico segue le orme del padre: dopo gli studi all’Istituto d’Arte Venturi di Modena e all’Accademia di Bologna, si fa subito notare nella sua provincia. Rinuncia all’insegnamento pur avendo i titoli, e nel 1978 debutta con un’ampia personale, presentato da Raffaele De Grada, al Palazzo Pretorio di Trento e a Palazzo Rosmini Serbati di Rovereto.
Un suo grande dipinto rimarrà al Museo Diocesano Tridentino e un altro al Centro Clesio Rosmini di Rovereto.
Raffaele De Grada, che aveva colto le sue capacità espressive, diceva di lui:‹‹Dopo tanti anni da quella prima ondata di “realismo espressivo” ritroviamo tra i giovani d’oggi una seria ripresa di quella tendenza e un esempio dei più convincenti è quello di Domenico Simonini››.
L’interesse per il suo lavoro varca i confini. Viene ospitato su invito a Vienna (Palazzo Steinberg), sede dell’Istituto Italiano di Cultura e di seguito a Monaco di Baviera, Amburgo, Bruxelles, Parigi e Milano. ‹‹… il fatto che questo giovane non si sia adeguato a seguire gli euforismi di breve durata degli anni passati è altamente significativo.Esso infatti ha realizzato con fermezza i suoi ideali, il suo modo di lavorare è rappresentato da grandi superfici perseverando sempre nel suo inconfondibile stile›› (Maria Eichinger, Monaco).
Poi l’incontro con Roma, al fianco di Renzo Vespignani, grazie al quale produce una serie di trenta incisioni di grande formato, che gli permetteranno di essere inserito nell’elenco dei più prestigiosi incisori italiani.
Riceve il diploma accademico di incisore “Luigi Servolini di Livorno, patron Massimo Carrà”. E’ più volte segnalato al “Bolaffi” da Paolo Bellini e vince numerosi premi nazionali, tra i quali spiccano quelli di Manciano, Modica, Oderzo e Nova Milanese.
Il professor Roland Paris – presidente di Intergrafik di Berlino (DDR) – lo invita a rappresentare gli incisori italiani nel mondo, acquistandone diverse opere. A seguire, le opere di Simonini saranno acquisite dal CEIC di Tokyo.
Domenico non approfitta della riproducibilità della tecnica, preferisce i pennelli, dove il risultato è più immediato.
Nel 1982 stringe un rapporto di amicizia – che durerà nel tempo – con Raffaele De Grada, il quale lo introdurrà nell’ambiente culturale milanese.
Ed è qui che, assieme alla pittrice Maria Luisa Simone, darà vita a un movimento culturale intitolato “Città e campagna”. Tali artisti non saranno uniti da un senso estetico comune, bensì da un impegno etico-morale.
Raffaele De Grada sosterrà questa tesi, condivisa ed appoggiata da altre personalità della cultura come Alberico Sala, Alberto Samonà, Giovanni Testori, Ludovico Geymonat e Paolo Vallorz.
E’ a Milano, presso la galleria Carini e la Fondazione Marco Mantovani, che inizia il lungo percorso di mostre in varie località d’Italia.
Prezioso è il suo apporto nell’organizzazione e nei rapporti con gli artisti, che di volta in volta ne faranno parte. Tra questi citiamo: Ivan e Luciano Zanoni, Pablo Atchugarry, Bruno Ritter, Marco Mantovani, Filippo Alto, Enzo Bellini, Aldo Rontini, Floriano Fabbri, Giovanni Blandino, Romano Botti, Albino Rossi, Elvio Marchionne, Marino Quartieri, Giorgio Burnelli.
‹‹L’idea di Città e Campagna ha sorretto per anni, in successive esposizioni da Modena a Cortina d’Ampezzo, a varie località dell’Emilia e della Lombardia, l’azione comune di questi e altri artisti che si sono assunti i problemi del difficile rapporto trala civiltà industriale, con tutti gli elementinegativi della società post-industriale (inquinamento, ingorghi e disfunzioni tecnologiche, minacce alla qualità della vita) e la perdurante civiltà contadina con tutto il complesso di inferiorità che esso comporta››. (da cat. Edizioni Electa, Milano,1989)
Domenico si sente parte di una grande famiglia. Milano è la sua seconda casa e per vent’anni assieme a De Grada è presente nelle manifestazioni culturali della città. La critica lo apprezza (recensioni particolarmente positive si hanno dalla rivista Arte Mondadori e dal quotidiano Il Corriere Della Sera).
Simonini, nonostante il successo, non dimentica la sua terra e organizza nella Rocca di Vignola un’esposizione di Città e Campagna. Nel 1991 il Comune di Modena gli ordina una mostra personale nel Palazzo Comunale, presentata da Raffaele De Grada e da Michele Fuoco.
Nella città estense attira la simpatia e la stima del maestro Luciano Pavarotti, che acquisterà una sua grande opera per il suo centro “Club Europa ‘92”.
Poi Simonini irrompe a Parigi e va a risiedere nel quartiere di Montparnasse, scegliendo i musei come fonte di ispirazione per la sua arte.
Scrive in proposito De Grada: ‹‹… nei musei Simonini non è andato per copiare le opere dei grandi maestri, non ha dipinto degli omaggi dei d’après. Egli ha trascorso ore ed ore nei musei per imparare, per studiare. Così non è diventato un “citazionista”, ma un vero pittore dell’oggi.
Non ha nemmeno respirato l’aria di un grande maestro, né di Picasso, né di Klee, né di Pollock, né di Bacon. In fondo, pur ammirandoli, egli li ha considerati i paradossi della nostra civiltà, ha rispettato la folla dei suoi colleghi succubi dei Maestri, ma ha preferito cercare ispirazione nei giardini, nei caffè, sui marciapiedi della città, commuoversi davanti ai fiori, ai ponti della Senna, al tavolo di una “crepèria” parigina, trasportandolo anche altrove, a Venezia nei giorni del carnevale, davanti ai banchi della pesca, nella splendida cornice del Caffè Florian››.
Domenico non si isola. La sua casa è aperta ed è meta di amici e pittori. Allaccia relazioni con personalità della cultura. Tra i nomi più altisonanti annoveriamo Paolo Vallorz, Jean CLair, Giuseppe Stival e Sergio Ortega. In questo periodo propizio, dall’unione affettiva con Maria Rita, nasce la sua amatissima Jasmine.
Nel 2006 viene invitato, come ospite d’onore, dal deputato Md.me Irene Tharin al Salon d’Art de Seloncourt. La stampa, in particolare l’Est Republican e Le Pays, lo consacracome ‹‹Maestro italiano nell’anima e nel colore, figurativo per natura››.
Secondo la stampa d’oltralpe, infatti: ‹‹L’arte di Domenico Simonini è di grande valore. Questo artista è assolutamente rappresentativo di questa 26esima mostra d’arte caratterizzata dal rinnovo››.
La produzione negli ultimi due decenni è ispirata ai suoi lunghi e ripetuti soggiorni parigini. Nel suo Paese gli vogliono bene, e per ricambiare, raduna dai suoi estimatori più di sessanta opere che vengono esposte alla Pinacoteca del Montirone ad Abano Terme (PD), in una mostra curata dal Prof. Augusto Alessandri.
Nel 2008 Raffaele De Grada presenta una sua mostra antologica dal titolo “Un indipendente del nostro tempo” al castello di Levizzano Rangone (MO) e, a seguire, alla rocca dei Bentivoglio di Bazzano (BO).
La sua attività non riguarda solo se stesso. Molto importante è il suo impegno per gli altri: istituisce spazi pubblici e privati, organizza e cura mostre di artisti dell’Ottocento e Novecento, aiuta i giovani e chiunque gli chieda consiglio.
Scrive ancora De Grada: ‹‹Simonini dipinge buoni quadri che piacciono a quelli che lo conoscono, lo ammirano e gli chiedono le sue opere. Per ora non suscita molte invidie dei suoi colleghi. E’ una conferma o una disgrazia? Il nostro pittore, sereno nell’oggi, attende fiducioso il domani››.
( da http://www.universitaginzburg.it/domenico-simonini/ )
Qualche altra nota biografica si puo’ trovare qui : http://www.arteecarte.it/artisti/simonini/biografia.html